APPROFONDIMENTO

La storia della musica degli ebrei italiani è ricca e complessa. Esistono repertori musicali distinti, legati alle tante comunità ebraiche sparse per il territorio, e molti, quantomeno quelli delle comunità  attive nella prima metà del ‘900, sono arrivati a oggi in forma di tradizione orale, di materiale scritto o di registrazioni (le prime negli anni ’30). Esiste in Italia un rito ebraico  (“minhag”) specifico, chiamato rito romano o italiano, sviluppatosi nella comunità presente a Roma sin da ben prima della diaspora, prima della distruzione del Secondo Tempio a opera dei Romani; ma varie comunità seguono il rito Tedesco (ashkenazita), importato da ebrei di origine centro europea arrivati in quello che oggi è nord Italia fin dal ‘400) o Spagnolo (sefardita), legato alle varie ondate di arrivi in Italia dopo l’espulsione degli ebrei dai territori spagnoli fra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500. In molte città, “Scuola Italiana”, “Scuola Tedesca” e “Scuola Spagnola” hanno convissuto fianco a fianco per secoli, in particolare nelle città più grandi dove a partire dal XVI secolo gli ebrei furono costretti a trasferirsi dalle aree circostanti, per vivere in spazi delimitati, i “ghetti”, chiusi la notte e aperti durante il giorno.  

Il XIX secolo ha rappresentato un momento di svolta per la storia ebraica italiana: la partecipazione attiva al Risorgimento, l’abolizione dei ghetti, tutto il vasto fenomeno noto con il nome di “Emancipazione”, portò con sé un nuovo senso di appartenenza, di orgoglio per il nuovo status di cittadini, di Italiani. Di qui la costruzione di grandi, imponenti sinagoghe; l’unificazione dei minhagim; e pure la “modernizzazione” della tradizoni musicali, con nuove composizioni commissionate a compositori noti e meno noti, spesso per cantore, coro e organo, spesso prendendo molto a prestito dal repertorio operistica allora molto in voga e molto “italiano”. 

Cosa resta, allora, di memoria della storia musicale più antica? Forse niente di molto esplicito, né tante melodie facilmente identificabili come arcaiche. Ma la storia della musica degli ebrei italiani è  prima di tutto una storia di interazione, decennio dopo decennio, secolo dopo secolo; interazione fra tradizioni ebraiche vicine e lontane e soprattutto fra mondo ebraico e mondo circostante; interazioni di cui la fascinazione per lo stile belcantistico dell’800 è solo uno dei tanti esempi. Una storia di interazioni che ha lasciato tracce evidenti di sé, così che non è strano trovare melodie a volte anche moderne ma con legami evidenti con melodie settecentesche, seicentesche, e a volte anche più antiche. Se ascoltiamo le melodie che riempiono le sinagoghe d’Italia ogni Shabbat e a ogni ricorrenza (o nel caso delle comunità oggi scomparse, che le riempivano appena un secolo scorso), se ascoltiamo questo repertorio che è miracolosamente ancora  vibrante, a differenza di tante altre tradizioni antiche ormai diventate solo materia per lo studio dei ricercatori; se ascoltiamo con attenzione, è come ascoltare un racconto della storia degli ebrei d’Italia, e degli italiani in generale.